Roma, 11 luglio - Per la Difesa ed il
personale in uniforme la carne al fuoco è tanta e distribuita su più
fronti. C'è il tavolo aperto con il ministro Fornero sulla riforma
del regime previdenziale, la riduzione del personale prevista sia
dal recente decreto sulla spending review che dal piano, più
complessivo, di riforma dello strumento militare studiato dai
tecnici di palazzo Baracchini ed illustrato in Parlamento dal
ministro Di Paola. Nonostante ciò, a parte i testi dei documenti
legislativi prodotti, non vi è una reale certezza sulle modalità di
applicazione delle norme che comunque sono tuttora al vaglio del
Parlamento in un clima che non lascia presagire nulla di scontato o
di definitivo. Ne abbiamo parlato con il Sottocapo di stato maggiore
dell'Esercito e presidente del Cocer interforze, Generale
Lagunare Domenico Rossi.
Generale, tre provvedimenti
normativi all'esame degli organi parlamentari competenti (spending
review, riforma della previdenza e riforma delle Forze armate) ma
nessuna certezza applicativa. Cosa ne pensa?
Innanzi tutto mi sentirei di rivolgere una
domanda-appello agli organi istituzionali preposti alla definizione
dei tre decreti da lei citati: sono legati insieme da una sinergia
di attuazione oppure sono slegati e ognuno si sviluppa per conto
proprio? Il piano di revisione della previdenza ad esempio, che
doveva essere pronto per fine giugno è stato rimandato a fine
ottobre e la bozza presentata dai tecnici del ministero del Lavoro -
i cui contenuti abbiamo definito "provocatori" - è stata ritirata e
sostituita da un'altra che presenta alcune positività, anche se
si potrebbe fare di meglio. Ad esempio sono state eliminate le
penalizzazioni previste dalla precedente bozza che riguardavano
l'Ausiliaria o le pensioni privilegiate ordinarie (quelle che
vengono percepite da chi viene colpito da patologie o traumi
riconducibili a cause di servizio, ndr), mentre è stata
confermata la riduzione degli anni figurativi da cinque a due e
mezzo. La questione che ritengo importante è che non ci si possa
appiattire sulle norme che riguardano il pubblico impiego senza
tenere conto della peculiarità del nostro lavoro che non trova
similitudini in quasi nessuna categoria lavorativa. Il rischio
professionale e la prontezza operativa devono fare la differenza sul
tavolo del confronto, a cominciare dai limiti di età per l'accesso
alla pensione. Non è possibile ipotizzare un innalzamento tout
courtdel requisito anagrafico senza incidere direttamente
sull'efficienza dello strumento militare. Vorremmo inoltre che, come
organismo di rappresentanza dei militari, la nostra presenza al
tavolo delle trattative fosse più diretta.
Qualche segnale positivo
proveniente dal mondo politico?
Ho appreso con favore l'accoglimento da
parte del governo (in particolare dal ministro Fornero) di una
mozione unitaria presentata dalle forze politiche che impegna
l'esecutivo a rivedere alcune norme importanti che riguardano il
personale, che ci penalizzano rispetto agli altri impiegati statali,
come ad esempio il mancato avvio della previdenza complementare e il
trattamento di fine servizio. Il mancato avvio della previdenza
complementare ci pone, oggettivamente, in condizione di non poter
godere alla fine del servizio di un tenore di vita adeguato ai
sacrifici fatti per il Paese. Per quanto riguarda invece il
trattamento di fine servizio, anche in questo caso il nostro
impianto reddituale, così com'è attualmente, esclude numerose "voci"
stipendiali dal computo per la composizione del TFS, a differenza
degli altri lavoratori dello Stato ed inoltre, com'è noto, l'attuale
normativa non ci permette neppure di chiedere un anticipo di tali
somme in caso di necessità.
Il piano di riduzione del personale
concepito dal ministero della Difesa (33.000 militari e 10.000
civili) prevede una graduale attuazione in un arco decennale. Invece
con la spending review c'è stata una sorta di accelerazione di
queste norme, preso atto che il decreto contempla che "le Forze
armate ridurranno il totale generale degli organici in misura non
inferiore al 10%". Come mai questa urgenza?
Questo dovrebbe chiederlo direttamente al
presidente Monti. Da parte mia posso dirle che il ministro della
Difesa Di Paola vuole incontrare le rappresentanze militari per
illustrare meglio i termini normativi. Prima di allora,
sinceramente, non saprei darle ulteriori e più precise indicazioni
visto il quadro di estrema genericità delle norme. Innanzi tutto il
decreto sulla spending review prevede un taglio al personale "in
misura non inferiore al 10%": che vuol dire? Che potenzialmente
potrebbe anche essere superiore? E poi ci piacerebbe sapere a quali
consistenze organiche esso fa riferimento. A quelle esistenti al
31.12.2012 o a quelle del 2015? Speriamo di poter avere le idee più
chiare dopo l'incontro con il ministro.
Alcuni giornalisti affermano che in
realtà il taglio del personale sarà inferiore al 10% perchè si
procederà al pre-pensionamento del personale già alle soglie della
quiescenza. Sono verosimili tali affermazioni?
No. Siamo nel campo delle pure illazioni,
anche perchè, come già detto, siamo in presenza di norme troppo
generiche e le incognite sono davvero troppe per formulare una seria
ipotesi. Fin quando il decreto non avrà il via libera dal Parlamento
e non verranno emanate le norme attuative, resta però l'impianto
generale del decreto uscito dal Consiglio dei ministri.
A febbraio di quest'anno, avevamo
pubblicato
in esclusiva le linee di indirizzo del gruppo di lavoro dei
tecnici della Difesa in riferimento al piano di snellimento degli
organici, notizia che si è rivelata poi fondata specialmente per
quello che riguarda l'uso dello strumento della ARQ (Ausiliaria per
riduzione Quadri). Le norme sulla spending review tuttavia prevedono
il ricorso alla mobilità (fino a 48 mesi) con l'80% dello stipendio
base. Le due norme però confliggono: con l'ARQ, grossomodo, si
percepirebbe il 95% dello stipendio, ben altra cosa rispetto all'80%
dello stipendio base previsto dalla spending review. Cosa può dirci
in tal senso? Ci sarà una modifica alle attuali norme sull'ARQ?
Posso solo dire che abbiamo richiesto alla
parte governativa di non modificare le attuali norme sull'ARQ con la
possibilità che siano estese semplicemente anche ai restanti ruoli
di militari (Sottufficiali e Truppa). Vorrei sottolineare che questa
nostra richiesta non configura un "privilegio" rispetto alle altre
categorie di lavoratori perchè tale posizione prevede la possibilità
di richiamo in servizio e la disponibilità del lavoratore nei
confronti dell'Amministrazione. Come sempre però, aspettiamo la
decisione del Parlamento.
Spese per armamenti, argomento
spinosissimo. Si accusa la Difesa di fare finte riforme; l'opinione
pubblica, alla quale fanno eco moltissimi parlamentari, vorrebbero
una drastica riduzione dei programmi d'arma, a cominciare da quello
dell'F-35, a favore di altri settori ritenuti più importanti per il
Paese, come la Sanità, la Scuola, la Ricerca. La Tavola della Pace
insieme alla Rete italiana per il disarmo e all'associazione
Sbilanciamoci hanno raccolto 75.000 firme di cittadini e da 650
associazioni, con il sostegno di oltre 50 enti locali. Un movimento
d'opinione non trascurabile. Che ne pensa?
Esattamente come nel calcio dove ogni
italiano si trasforma in commissario tecnico e vorrebbe comporre lui
la nazionale, anche in questo caso ritengo che le opinioni contrarie
siano frutto di una non adeguata conoscenza del sistema Difesa.
Penso quindi, data la delicatezza della materia, che le voci più
autorevoli da prendere in considerazione debbano necessariamente
essere quelle dagli addetti ai lavori. Io non mi sognerei mai di
dire ad un altro professionista quali e quanti strumenti adottare
per svolgere il proprio lavoro, non si capisce perchè non debba
essere lo stesso per noi. L'opinione pubblica e il Parlamento devono
decidere che tipo di Forze armate vogliono, ma ritengo che in questo
campo la voce più autorevole sia quella del ministro della Difesa
che forma il proprio convincimento sia per la sua lunga esperienza
di vertice nella Difesa sia con il proficuo e franco apporto dei
vertici di ciascuna Forza armata. Per quello che mi riguarda
considero irrinunciabili tre aspetti:
·
la stabilità finanziaria nel tempo.
I programmi di lunga durata che richiedono risorse, una volta
decisi, non possono essere stravolti da drastiche riduzioni senza
che ciò causi delle inevitabili ricadute sul piano dell'efficienza
delle Forze armate e dei compiti ad esse assegnati:
·
dotazioni di mezzi necessari.
Se vengono richiesti alle Forze armate taluni compiti e
responsabilità, mi pare ovvio che ci si debba dotare dei mezzi
operativi all'altezza degli scenari previsti;
·
qualità della vita del militare.
La componente fondamentale delle Forze armate come sempre è il
personale. La professionalità degli operatori deve passare
necessariamente, oltre che dall'addestramento operativo, anche per
un adeguato e decoroso trattamento economico, da un sistema
previdenziale che gli assicuri - alla fine del servizio - una serena
vecchiaia e da un sistema di infrastrutture (caserme e alloggi)
idoneo a mitigare i sacrifici richiesti ai militari e alle loro
famiglie.
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