Clicca qui per tornare alla Home Page

Storie di lagunari

- Dino Doveri -

parte 02

 
.      
  

 

Lagunare Dino Doveri

Villa Vicentina 2° contingente 1966

Sezione di Jesolo

e-mail: ddoveri@associazionelagunari.it

Archivio Fotografico di Dino Doveri

 
. 

 Torna all'indice delle Storie di Lagunari

 
  

 

****************************************************************************************************

 

Subject: 6ª Puntata.
Date: Dom, 03 Mar 2002

 

Ciao Presidente,

eccomi a dar seguito a quello che sarà una pietra miliare nella letteratura militare (perdonatemi la modestia,...ho scritto "una pietra miliare"..., non un "best seller"). L'uccellino me lo dice che non sono molto seguito in questa mia fatica, ma "nemo profeta in patria",per cui aspetteremo con pazienza i giusti riconoscimenti accademici.

Vi avevo lasciati o miei innumerevoli lettori, immagino le notti insonni in attesa del seguito, al momento in cui dalla Compagnia Mortai ci viene ventilata la neccessità del trasferimento di uno di noi, al famigerato Btg. "Isonzo" di Villa Vicentina. Dunque, l'inghippo è presto svelato ed il Tenete Turchi ci spiega: un raccomandato veneziano, Specialista al Tiro, certo De Bei, che già attualmente è in convalescenza per una infernale infiammazione alla lingua (sapremo poi, dovuta al metodico ed indefesso esercizio del leccamento di orifizi di "certi che contano"), deve per forza essere trasferito da Villa Vicentina a Malcontenta, questioni di alta logistica lo impongono, per cui dal "Marghera" sarà trasferito uno che andrà a coprire il suo posto all'"Isonzo". Datosi che con la penuria di buoni mortaisti che andava evidenziandosi, il Comandante di Compagnia, Capitano Maddalena, aveva almeno, così ci fu detto, stabilito che chi doveva andarsene a Villa Triste doveva essere colui che risultava il peggiore del corso mortaisti! Ed il Tenente Turchi, sottolineando che il peggiore era quel Lagunare che era stato allontanato proprio perchè non sentisse questo discorso (come dicevo nella precedente puntata, il tizio era una certo Salvagno, chioggiotto, pescatore purosangue, piccolo ma con una forza notevole, forse proprio per questo era stato destinato tra i mortaisti perchè in altro caso sarebbe stato un mistero, visto che era quasi analfabeta e con una predisposizione ai numeri quasi nulla), quindi, a meno che qualcuno non avesse voluto essere trasferito al suo posto, il Salvagno era di partenza. Ad un attento esame del viso del Tenete Turchi, chi fosse portato alla psicologia ed alla connessione con le nostre espressioni che ci tradiscono, avrebbe capito che il tutto aveva schifato l'Ufficiale ed in più vedevamo trasparire dagli occhi del Vice Comandante di Compagnia, un senso di pena per il Salvagno. Ora,miei cari e cerebrali ex commilitoni, andrò a scoprire uno degli aspetti più privati della mia personalità, dandolo in pasto alla vostra squisita e disponibile sensibilità: sicchè, seduta stante mi permetto di chiedere (con il dovuto rispetto verso l'ufficiale, attenzione, ricordate che siamo nel 1966), la ragione di quel disgusto non saputo celare durante l'esposizione dei fatti; il Tenente Turchi ci spiega allora, che il Salvagno era di condizione economica molto, diciamo, precaria e la condizione di pescatore lo metteva ancor più in balia di questa contingenza, tant'è vero che effettivamente il nostro, godeva di licenze settimanali per andare in famiglia per espletare l'attività della pesca e con il ricavato, tirare avanti alla meno peggio, come diverse famiglie di chioggiotti, allora, erano obbligati fare.

Dovete sapere o miei assidui lettori,che io, pur nato a Jesolo, vissi sino all'età di quindici anni in quel di Chioggia, quindi chi più di me sapeva qual'era l'effetiva e a volte spaventosa situazione di certe famiglie di pescatori; poi, se vogliamo assommare anche la nostalgia che assale il clodiense tipico quando lascia la sua amata isola, ritenni che all'ingenuo e sprovveduto Salvagno, gli stavano preparando un piattino niente male e che io non potevo permettere, spinto anche dalla simpatia che ho verso i chioggiotti, che questa cosa avenisse. Il giorno stesso mi presentai chiedendo rapporto con il Vice Comandante di Compagnia e lì in fureria, gli spiattellai la mia idea di sostituire il  Salvagno nel trasferimento a Villa Vicentina. Per la verità, il Tenete Turchi ebbe un momento di meraviglia, cercò di farmi desistere, mi assicurò che stavo portando avanti il corso da mortaista con apprezzabili risultati e che alla fine del corso mi avrebbe proposto alla promozione a Caporale. Quì devo dire, fui toccato su di una corda che ha sempre suonato forte nella mia personalità e cioè l'orgoglio e la remunerazione al comportamento, con dei meriti riconosciuti ed attribuiti; sono sincero, ebbene sì, fui tentato di rimanere......, sai..Caporale, il baffetto nero che avresti messo alla spalla... poi... poi ripensando all'Amico Lagunare Chioggiotto Salvagno, decisi, a ramengo anche i Caporali (che come opinava il grande Totò, erano l'antitesi degli Uomini): via a Villa Triste! Ma, miei avidi fans, il trasferimento non avvenne immediatamente. Feci a tempo a vivere al Btg. Anf. "Marghera", ancora degli splendidi ed idimenticabili momenti. Partecipai ad una allarme, che vide tutto il Battaglione pronto per partire verso orizzonti di gloria, alle prime luci dell'alba di una mattina di fine Agosto: ho ancora nella mente quella che poteva essere una sequenza di un attuale film di guerra; tutti gli M113 schierati in formazione di partenza, tutti noi con armi e bagagli, davanti al proprio carro, i camion pieni di attrezzature, altri traportavano gli incursori con il loro fazzoletto nero come la morte, le campagnole con il loro cannone senza rinculo, moto dei portaordini che scorazzavano da tutte le parti a non so cha fare, fumo, grida dei sottufficiali, alcuni ufficiali che si godevano il quadro fumandosi una sigaretta, il rombo creato dalle accellerate degli M113, poi tutti dentro al portellone, fuori subito con la testa dal portellone superiore per goderci tutta questa scena tra il semi isterico e l'epico. Ci sentivamo di far parte di un'entità invincibile: I Lagunari per l'appunto. Usciti dalla caserma come pazzi, per poi rientrare dal comprensorio addestramento, per alcuni istanti sembrò davvero di partire verso un imperscrutabile ma sicuramente glorioso ignoto. Che tempi... Che tempi!

Oppure, miei cari e sottovalutati amici, bella anche da ricordare la guardia ai carburanti, dove mi permisi, una delle mie prime guardie, presentandosi il fatto che un cacciatore sparasse un cartuccetta calibro 12 ad un pennuto che passava sopra i bidoni di benzina e il sottoscritto sentendo i pallini cadere sopra i suddetti bidoni ed immaginando per conseguenza un disastroso incendio dei carburanti, ritenne di simulare con Garand scarico, l'armamento del semiautomatico in ordinanza, per cui il classico rumore metallico dell'otturatore che va in sede, fece scappare il cacciatore di cui sopra, non dopo aver dato prova di imprevedibile velocità (correva con gli stivaloni alla coscia), e di grande agilità (si rialzò da una cascatona clamorosa, con una piroetta che aveva dell'incredibile). Che tempi... Che tempi!

Prima di partire fui anche gratificato della conoscenza (si fa per dire... diciamo più una presa d'atto d'esistenza), di personaggi come il Tenete Mangione, che, ringraziavo Dio tutti i giorni perchè non era lui il nostro Comandante, in quel breve lasso di tempo nel quale rimasi al "Marghera", mi punì un paio di volte (...stai punito "minchione a tre punte"...), con la sua classica e gutturale esclamazione, non seppi mai perchè: si aggirava per la caserma ed il primo che incontrava gli ammollava una punizione, sic et simpliciter, perchè così era. Di contro, giuro, non ho mai scontato quelle punizioni, perchè controllando sulla famosa tabella, il mio nome non c'era. Si vede che si divertiva a farti venire la diarrea fine a se stessa. L'ho visto all'ultima elezione del consiglio nazionale A.L.T.A., l'odierno Mangione, mi si dice che è Colonello o Generale non ricordo, il piglio è più morbido l'accenno al sorriso più frequente, i capelli però sono brizzolati se non bianchi, il mento in fuori, l'occhio sempre rapace pur se velato dall'occhiale. Ero seduto a qualche fila dietro di lui me lo squadravo attentamente, pensavo a tutto quello che gli avevo augurato e a quello che mi ero ripromesso di dirgli se lo avessi incontrato da civile: ecco che invece tutto viene visto con la filosofia degli anni trascorsi (trentasei) e mi sono voltato da un'altra parte. Per di più, sono anche andato a leggermi in seguito, il suo libro "Venezia e le Truppe Anfibie" e mi è parso, a prescindere su alcuni punti da cui dissento, un buon lavoro! Altra persona che mi è rimasta nella mente come un marchio a fuoco e che della quale, ogni tanto, quando l'occasione lo richiede, racconto l'anneddottico contatto che ebbi con lui: si tratta dell'allora Capitano, oraGenerale, Carlo De Benedictis; non era della mia Compagnia, ma ogni tanto anche quest'ufficiale aveva preso l'abitudine di schieraci per trasfoderci quello che secondo lui era il giusto modo di vivere il servizio militare in caserma. Un pomeriggio, caldo bestiale, di quello che ti auguri che qualcuno non si metta in testa di farti fare qualche bella ora di addestramento o marcia, veniamo inquadrati, Dio ti ringrazio, non in tuta da combattimento, cosa che almeno presupponeva un qualche cosa di tranquillo, nello spazio antistante al Comando di Battaglione, cosa mai avvenuta prima, la palazzina Jesolo per capirci, in una specie di cortiletto che adesso non c'è più, meno male che eravamo all'ombra della palazzina, ad aspettare il da farsi. Dopo poco apparve quello che poi mi fu detto era il Capitano De Benedictis: la caserma A. Bafile e tutto il rispettivo spazio è un cesso d'immondizia! Disse. Noi ovviamente a tale affermazione avemmo i nostri più che giustificati dubbi, (ovviamente in silenzio, senza profferir parola), ogni dannato momento che succedeva che non avevamo incarico da svolgere, o per una ragione o per un altra, eravamo lì a tirar su cicche e cartine, foglie e fili d'erba, insomma tutto quello che non era di natura marziale. Ciò non di meno, siccome ai tempi ciò che asseriva un ufficiale era Vangelo, nessuno di noi si sognò di esternare un qualche disaccordo con quanto affermato. Ma era la voce dell'uomo che ti metteva in soggezione: parlava senza muovere le labbra, usciva un sibilo di parole così foneticamente dure e dette a voce bassa, che ti raggelavano la schiena anche se c'era una temperatura africana; la divisa (d'estate, camicia, cravatta, pantaloni e basco) era immacolata, riga perfetta ai pantaloni, scarpe specchievoli, non un accenno di sudore, basco calcato in testa come da regolamento, occhialini d'oro, sguardo gelido, cosa ci mostra? Eh...amici miei, non ve lo sognereste mai se qui non ve lo dicessi io, ora: un piccolo portacenere di cristallo che con noncuranza estrae dal taschino della camicia. A cosa serve? Ma a metterci la cenere delle sigarette, diciamo noi. Si! Ma quando? Ci guardiamo in faccia interrogandoci con lo sguardo. Che il nostro ci stia prendendo per i glutei? Ma ovviamente quando si fuma, ci vien da incolti, a rispondere. Ebbene Gentil Signori... si è quasi giusto, ma... siggiunge il Capitano De Benedictis, specialmodo quando si fuma all'aperto! E nel mentre si accende una languida, mi sembra, Marlboro, ed ogni due o tre tirate versa la cenere nel minuscolo posacenere. All'aperto. Non la getta a terra, la cenere. La versa nel posacenere!!! ....Miei cari Lagunaretti, solo così facendo potrete non lordare la vostra caserma di cenere e quant'altro: si produce l'immondizia, la si gestisce versandola provvisoriamente in qualche contenitore adatto e poi quando se ne presenterà l'occasione, si farà confluire il tutto nel primo cestino o bidone dell'immondizia che troverò! Ebbene, sprovveduti lettori che siete errivati sino a questo punto del mio raccontare, io ebbi la folgorazione ricoducibile a quella di San Paolo sulla via di Damasco: o questo quì era una delle più grandi prese per il didietro che possa accadere ad un Lagunare di media portata, o il nostro De Benedictis ci sta fornendo gratutitamente un dogma... un dogma di vita! Orbene, quando la racconto, dopo trentasei anni, molti mi dicono che in quel momento avemmo a che fare con un pazzo maniaco. Io non so se l'odierno Generale Carlo De Benedictis sia un pazzo maniaco (so che a tutt'oggi ha ottenuto il dottorato in psicologia e psicoanalisi e quindi esercita questa professione), so che nella mia auto di servizio, quando produco cartine, fogli, documenti scaduti, materiale cartaceo od altro, io, Lagunare classe 46, Rgt. Lagunari Serenissima, mi sembra ancora sano di mente nonostante l'età, non butto niente dal finestrino ma metto tutto sotto il sedile ed una volta ogni due o tre giorni riempio un contenitore che getterò poi in un cassonetto dell'immondizia! Anche il Generale De Benedictis l'ho visto ancora dopo il congedo. L'ho visto per la seconda volta dopo trentasei anni a Villa Vicentina durante il raduno annuale dei Leoni dell'Isonzo che si tiene generalmente in Ottobre: ebbene, cosa mi è passato per la testa? Il Generale si è impegnato durante il pranzo che di seguito avevamo, nel ricordare i bei tempi passati e puntualizzare su due o tre asserzioni che si erano sentite durante le allocuzioni dei vari oratori; ci è mancato poco che mi mettessi a piangere per quello che ho rivissuto sentendo le sue parole; ho frenato la commozione a fatica ma ci sono riuscito, perchè così si conviene ad un Lagunare. E poi su quanto egli ha asserito in relazione a cose esternate durante la cerimonia, ebbene, ecco cosa ha vissuto il mio corpo e l'adrenalina ancora mi ha fatto gonfiare il torace (e purtroppo l'attuale pancetta), perchè in quel momento dopo anni di appartenenza alla realtà associativa dei Lagunari in congedo, io mi sono sentito un Lagunare! Come trentasei anni fa! Ebbene, miei cari compagni di percorso, anche questa volta ho sconfinato dai racconti di naja. Poi dovevo portarvi con me nel trasferimento dal Btg. Anf. "Marghera" al Btg. Anf. "Isonzo" di Villa Triste, ma i ricordi ed il presente hanno fatto deviare la penna, anzi il tasto: vi prometto, miei fedeli e numerosi lettori, che finalmente la prossima puntata andremo in Friuli, ma sempre con i Lagunari!

San Marco!!!

 

*****************************************************************************************

 

Subject: 7ª punatata.
Data: Dom, 12 Gen 2003

 

Ed eccoci qui di nuovo.

É comunque un conforto, l'aver ricevuto durante l'interruzione, da un numero così consistente di "Lettori Lagunari", continue ed innumerevoli sollecitazioni nel portare a compimento quei miei racconti che il Direttore Zanotti (troppo buono), ha voluto titolare "Racconti  di naja di Dino Doveri". É un conforto perché se è vero che molti mi hanno dimostrato grandi vette di distacco, intolleranza ed idiosincrasia, è pur vero che da molti ma sopratutto da coloro che io stimo "Veri Lagunari", ho ricevuto segni di apprezzamento, comprensione e concreti segnali d'amicizia. Un ulteriore grazie anche al Direttore Zanotti, che mi ha offerto in tempi quantomai NON SOSPETTI, l'incarico di "redattore" nell'ambito del presente Sito.

Eravamo rimasti nel mio racconto a puntate, dove vi dicevo che avevo optato per il trasferimento dal Btg. Anf. "Marghera" presso il Btg. Anf. "Isonzo" in quel di Villa Vicentina. Sicchè un bel giorno d'Agosto mi sembra, mi comunicano che l'indomani dovevo fare i bagagli onde essere trasportato alla futura destinazione. Avevo previsto un trasporto in CM ed invece in tarda mattinata mi reco al Corpo di Guardia dove ad attendermi trovo una Campagnola con altra gente imbarcata di cui non conosco i motivi di trasferimento. Datosi che "Villa Triste" era largamente pubblicizzata tra di noi come Battaglione di Punizione, stabilii che i suddetti erano lì con me ma a differenza di me, a causa di un trasferimento relativo ad una punizione, ma non stetti lì ad indagare perché nel breve periodo di naja fino ad allora vissuto, di tipi che passavano da condizione di calma apparente a stato di schizzofrenia acuta, c'erano o ci facevano, questo no lo so, ne avevo visti abbastanza. Qui vorrei aprire una parentesi, perché un alto ufficiale in congedo che a suo tempo mi sentì proferire questa definizione, Battaglione di Punizione per l'appunto, ebbe a controbattere asserendo che "Villa Triste" veniva definita "Battaglione di Punizione" solo perché essendo i Lagunari quasi tutti veneti, essere trasferiti laggiù in Friuli, diveniva una "punizione"; ne, a suo avviso, vi si attuava una disciplina più rigorosa degli altri Battaglioni Lagunari, ne mai in realtà, a parte le leggende createsi tra i Lagunari, vi si erano ravvisate situazioni tali da affibiargli quel nome. Contrariamente a quanto asserito da questo alto ufficiale in congedo, un'altro Ufficiale in congedo che presso l'"Isonzo" aveva prestato servizio, più volte si esprimeva in mia presenza ed anche in pubblico, con più o meno queste parole:"....ed all'"Isonzo" ebbi al mio comando allora, un discreto gruppo di "autentici delinquenti" nel vero senso della parola, con i quali in seguito ebbi grandi soddisfazioni.Tutti in poco tempo di "dura disciplina", riuscirono ad arrampicarsi, il sotto scritto compreso, sul pennone della bandiera in piazza d'armi e gli stessi delinquenti sotto il mio comando durante un'esercitazione notturna con temperatura disumana, riuscirono presso il ponte di Bevazzana (Bibione), ad estrarre dall'acqua, tirandoli fuori per i capelli, gli Incursori del  Comsubin che in simulazione erano della fazione opposta....". Certo, elucubrandoci sopra anche adesso, il Battaglione di Punizione non è che ci stia tanto sbagliato in relazione al racconto in cui i protagonisti erano degli "autentici delinquenti" e la regola, una "dura disciplina". Chiedo venia,ma ogni uno ha le sue convinzioni. Io le mie. Chiusa parentesi, ma le facce poco rassicuranti dei miei compagni di viaggio, Battaglione di Punizione o no, mi fecero ritenere più saggio non alimentare raffinate conversazioni. Durante il viaggio, che toccava gli snodi abituali del tempo, Portegrandi, San Donà di Piave, Portogruaro, Latisana, Torviscosa, la Triestina Alta per intenderci, riandai con la mente alla mia esperienza appena terminata al "Marghera". Posto strano, misterioso (almeno per me), atipico. In confronto alle grandi caserme che avevo visto durante il soggiorno e spostamenti relativi al CAR, Pesaro, Fano, Falconara, Ancona, la caserma di Malcontenta era totalmente l'opposto: le prime, grosse entità da 3/4 mila militari, sviluppate in verticale con palazzoni enormi, percorsi di guerra di un'estensione terrificante (per chi doveva affrontarli), piazze d'armi infinite; la seconda, a parte la palazzina A. Bafile, che allora si chiamava con il perentorio appellativo di "caserma", alta due modesti piani, si sviluppava in anonime vecchie costruzioni anche queste da uno al massimo due piani. Strana e misteriosa quella costruzione da cui ricavarono proprio in quel tempo, il Circolo Sottufficiali (opera  portata a termine esclusivamente dal "Minuto e Mantenimento" interno alla caserma), di cui ricordo il rinvenimento di strani ed enigmatici "vasconi" o cilindroni in metallo di cui si opinavano le più strane attinenze. Misterioso quel via vai di camion militari che percorrevano tutta la caserma, sempre a teloni abbassati, a volte scortati da auto di servizio della Polizia di Stato, per poi sparire oltre cancello del "comprensorio", verso quella che verrò a scoprire essere la "Polveriera". Noi, poveri e semplici ragazzotti, ci facevamo su, tutta una serie di discussioni:...ci portano i missili...quelli a Testata Nucleare, (ora mi vien da sorridere della nostra ingenuità),...no accidenti...lì sono immagazzinati i proiettili per i grandi semoventi di chissà quale altro reparto....ma valà...non vedi che a volte ci vanno dentro anche i mezzi della Marina Militare...può darsi che vi siano delle munizioni per i grandi cannoni navali...oppure chissà che altri segreti vi si potessero celare. Quelli che ci avevano fatto la Guardia per settimane, ci dicevano che c'erano dei capannoni più o meno mimetizzati nella folta vegetazione, dove si effettuavano continui andirivieni con casse non meglio identificate....il mistero rimane più fitto, anzi si alimenta da solo! Per cui un bel giorno, mi si dice di montare su di un camion con altri due o tre Lagunari per andare a prendere le munizioni per il "Mortaietto" da 81mm., perché sarebbero servite per i "tiri" che si stavano effettuando al poligono naturale di "Montereale" sopra di Aviano. Io pensavo di vedere il CM dirigersi fuori della Caserma, ed invece mi rendo conto che stiamo prendendo la direzione opposta, cioè verso misteriosa "Polveriera". Sarà perché sono sempre stato attirato dalle vecchie, strane ed oscure costruzioni militari, quando finalmente entrai percorrendola nella sua totale estensione sino al presentarsi al mio occhio, dei caratteristici e familiari contorni della Laguna, ebbi la soddisfazione dell'appagamento di quando ti si svela un'imperscrutabile arcano. Fui molto colpito da un ammasso di cilindri di cui in lontananza non individuavo la natura, ma che dopo, ad un attento sopraluogo, si rivelarono per cannoni, di piccole dimensioni, per la verità,ma sempre cannoni erano,magari smontati chissà da quale unità navale, perché di cannoni di nave si trattava, magari, dalla forma, del periodo 15/18 o giù di li. I capannoni immersi nella macchia boscosa, come se la preoccupazione maggiore fosse stata quella di renderli inindividuabili dall'alto, alimentavano il mio spirito indagatore, ma... non mi fu dato di sapere. In  uno, prelevammo un esiguo numero di casse e ce ne tornammo in caserma.

Non ne seppi più nulla sino a quando non mi associai all'A.L.T.A e così frequentai di nuovo una realtà dimenticata nel tempo, finalmente seppi anche da fonti esterne, cosa era la "Polveriera".Mistero....Signori.....Resterà mistero.

Poi mi venivano in mente, le piccole cose di tutti i giorni: la mensa, rancio immangiabile, almeno a quei tempi, le bottigliette da mezzo litro di vino rosso che contenevano un sedimento di cristalli di almeno tre centimetri....l'esibizione all'ora di pranzo presso lo stesso, di un  complessino musicale di cui faceva parte un mio commilitone coetaneo e compaesano in forza alla Piave, che si dannava a picchiar fendenti alla batteria...il distributore automatico di Coca Cola in testa al corridoio d'uscita della palazzina Bafile, che letteralmente ci salvava dalla sete estiva, ...i casini allo spaccio truppa dove per avere un paio di cordoni, dovevi perdere una vita...le camerate con il pavimento di piastrelline esagonali color rosso scuro che dovevano splendere come le stelle...le notti afose e umide di Malcontenta, illuminate in lontananza dai fuochi arancioni dei camini delle raffinerie industriali...i boati intermittenti causati da chissà quale processo chimico-industriale dell'inferno di Marghera...il catino con il quale avevi le prime esperienze in fatto di "bucato", dove ammollavi per tutta la notte, mutande e calzini per poi il giorno successivo stendere al sole appagati da quella sommaria igiene  fa da te...la casetta del sarto, ripida scala di legno dove un brav'uomo dall'età indefinibile, ti sistemava un scucitura, ti accomodava la mimetica, rendeva umana la dimensione del cappotto...le zanzare del "comprensorio che ti mangiavano vivo e di una dimensione inusitata...la guardia come si usava al tempo, in garritta fuori della porta principale, dove dovevi immobile come una statua tirar l'occhio come uno schizzoide per individuare chi usciva od entrava e quindi sbattere il piede con il segreto desiderio di spaccarla per fargli vedere tu al quel testina dell'Ufficiale di Picchetto, se non riuscivi a farlo....il ricovero all'Ospedale Militare di Padova per via della vicinanza di branda con un commilitone al quale avevano diagnosticato una signora Epatite: il commilitone lo vidi in seguito per cui se la cavò, i nostri esami furono negativi e all'Ospedale Militare di Padova che aveva una cucina che in confronto a quella del "Marghera", era a dir poco sontuosa,  non facemmo altro, grazie ad una Suora (che Dio l'abbia in gloria), ad ingurgitare doppie razioni di tutto e poi abbandonarci al sonno ristoratore, abitudine che al Btg. Anf. "Marghera" s'era persa perché di fatto, impraticabile.

E poi, e poi, e poi.... come dice la famosa canzone, e poi ne avrei ancora un sacco e una sporta (borsa della spesa, in italiano corretto), da ricordare e raccontare: impressioni, flash, aneddoti, puttanate,  ma stavamo arrivando all'incrocio di Cervignano del Friuli, il  Capomacchina mi suggerisce di memorizzare quel posto e la strada successiva perché sarebbe stata una delle chiavi dei miei futuri spostamenti da e per Villa Vicentina. Dimentico il Btg. Anf. "Marghera" e mi concentro su quello che sta arrivando; arriviamo ad un incrocio che indica da una parte Grado e dall'altra Villa Vicentina (chissà poi perché, mi chiedo in quel momento, sono andati a mettere quel "Vicentina" ad una "Villa" situata in Friuli...lo scoprirò trentasei anni dopo durante una visita A.L.T.A. alla caserma ormai in disuso), facciamo qualche centinaio di metri e mi appare un classico muro di cinta di foggia militare su cui all'entrata, fanno bella mostra le due colonne del portale, dipinte con le familiari ormai, striscie oblique giallorosse. Mi rassicurano: penso siamo ancora tra i nostri. Cosa poi io intendessi con "siamo ancora tra i nostri", allora non mi era ancora ben distinto...ora lo so...quel sentimento si chiama "Spirito di Corpo" e solo i VERI Lagunari lo capiscono, oggi come ieri, ieri come oggi! Alla prossima....speriamo.

San Marco!!!

Lagunare Dino Doveri.

P.S.:non voglio più usare quel termine "Lagunare in congedo" con il quale mi firmavo.mi è venuta una folgorazione: se sei stato un Vero Lagunare, tale rimani finché campi e toccando quello che di solito si usa in merito a questi frangenti, un Lagunare rimane tale anche dopo. Se non lo sei stato un Vero Lagunare, non lo sarai mai. A prescindere da Tutto!

 

*****************************************************************************************

 

Subject: 8ª punatata.
Data: Lun, 08 Set 2003

 

Siamo pronti allora,per la prossima razione di “racconti di naja”?

Ebbene si. Eccomi ancora presente e ben disposto (haivoi), a portare avanti quel che ho inconsapevolmente iniziato. Ma siccome sono, tutto sommato, un buono, vi tiro un po’ su il morale: alla fine non manca molto (a meno che, strada facendo non mi affiorino altri ricordi che per ora non ho). Rileggendo le puntate precedenti, mi sono accorto di aver fatto un errore, e siccome sono un perfezionista (tanto, a chi gliene ne poteva importar di meno, se tizio era in servizio in questo o quel battaglione?), la mia indole però mi porta a precisare. 

Scrivevo in precedenza, che al Btg. Anf. Marghera avevo come S.Tenente il Signor Bordon. Mi accorgo guardando delle foto però, che durante il campo primaverile a Klaut effettuato quindi dopo, quand’ero già al Btg. Anf. Isonzo, il S.Tenente Bordon è all’epoca, con noi; quindi non poteva essere stato al Marghera perché il mio soggiorno là, fu diversi mesi prima. Il mistero s’infittisce ma più che altro sento che è la memoria che mia abbandona. Gli acciacchi senili incombono, il colesterolo attacca le arterie, l’ateriosclerosi comincia a interessarsi delle cellule cerebrali. E’ un fatto!

Ma il ragionamento dice che siccome in tutta la naja, ho avuto il “piacere” di essere subordinato, escluso il CAR, a soli tre S.Tenenti, il Signor Morosini, (Morosini, Morosini…..), il Signor Montagner-Paties e per l’appunto il Signor Bordon, visto che il Signor Morosini e collocato saldamente al Marghera, gli altri due o li ho avuti, prima uno poi l’altro, all’Isonzo, oppure tutti e due assieme (non credo però), oppure non mi spiego! Il tutto, tanto per correttezza e precisione.

Nella rilettura degli scritti precedenti, mi è anche venuto in mente che non vi ho detto, sempre al Marghera,  dell’esperienza avuta al poligono. E’ d’obbligo non nascondervi niente. Lo faccio per voi, o miei cari.

Un bel giorno, si fa per dire, mi dicono che si parte per fare il campo a Montereale, località vicino a Maniago, ove i mortaisti, quelli già “laureati” e cioè i vecchiacci maledetti, andranno a fare i cosiddetti “tiri”. I “tiri” è una parola gergale che significava un’esercitazione a fuoco con i mortai, certi dicono quelli da 81, altri azzardano quelli da 120, in un poligono naturale che può essere il fianco di una montagnola o un ghiaione sui primi contrafforti rocciosi. Il nostro gruppo costituito da mortaisti ancora “matricole”, sarebbe intervenuto per preparare il campo ai Lorsignori in arrivo. Fu la mia prima esperienza con la vita all’aria aperta, a contatto diretto, quindi anche notturno, con la natura, in tenda, al sole e all’aria frizzante dell’altopiano e alla luna piena che illuminava di notte, tutto il campo.

Fu la seconda notte di permanenza, dopo esserci fatti un “mazzo” mica male a suon di installare tende, tendoni, tendine, tendarelle, tendacce e cucine e latrine e casotti e contro casotti, scavato canalette, innalzato muretti, costruito steccati, che dopo poco esserci addormentati, ne esce fuori un cataclisma di temporale, che, vi dico, sarà anche perché non lo avevo mai vissuto così in “diretta”, mi sembrava la fine del mondo. Lampi e saette che sembrava cadessero a due metri e trentacinque dalla tenda (otto per otto, può essere? La tenda, dico, non le saette….), pioggia e grandine che venivano giù a folate violente e sferzanti, i boati dei tuoni che si sentivano in stereo (iniziavano all’orecchio sinistro, si portavano al centro, e dopo una botta centrale si sgranavano sputacchiando sull’orecchio destro, tipo Dolby Sorround (spero d’averlo scritto giusto), da sala cinematografica; mi sembrava con l’immaginazione, quasi di vederlo il suono (come se il suono si potesse vedere, ma…. l’immaginazione fa brutti scherzi), precipitare sui costoni dei monti, spaccarsi schiantandosi con un enorme deflagrazione e poi via, un rotolamento di scoppiettii a esaurirsi,come se si frantumassero giù per una scarpata od un ghiaione.

Mi agitavo tra le coperte (più d’una anche se era primavera), ed il materassino gonfiabile, infimo succedaneo di giaciglio del quale ritengo non si possa ideare al modo nelle prossime ere, qualche cosa di più scomodo e disgraziato per dormire, convinto che prima o poi sarei galleggiato per la tenda, tanto sicuro ero che tutto ‘sto uragano arrivasse a far penetrare l’acqua anche sotto la tenda.

Ogni due o tre minuti palpeggiavo al buio più pesto, il terreno attorno a me per sentire se ci fosse dell’acqua; mi vedevo navigare sopra il materassino in torrentelli che invadevano il campo. Dovevo risolvere!

Passando sopra i miei coinquilini di tenda, tra un vaff… ed una serie di  grugniti impastati, riesco a raggiungere la lampada a petrolio che è attaccata al palo centrale, accendo e……non c’è un filo d’acqua; la tenda e sì bagnata anche per dentro, ma l’acqua scorre fuori e si perde nelle canalette scavate in precedenza, canalette suggerite dai vecchi che tutto sanno e tutto prevedono! Da quella volta, la deferenza  per il materiale militare in dotazione all’E.I., crebbe a dismisura.

Il giorno dopo finimmo quel che si era cominciato, arrivarono i mortaisti specializzati, non si sa se con l’81 od il 120 sicché non seppi mai con che cosa tiravano ‘sti signori; su in camion e ritorno al Marghera. Il tutto, come esperienza militare abbastanza banale, ma il temporale……….

Altra cosa che mi ero dimenticato di segnalare, è che i maledetti “noni” si congedavano proprio qualche giorno prima del mio trasferimento  a Villa Triste. Dopo i riti d’uso, cena dei congedanti con sbronze inenarrabili, totale smontaggio di tutto quello che si poteva smontare in camerata, materassi e quant’altro nei corridoi e nei cessi o fuori della finestra, urla disumane, canti sguaiati ”..se la corrente elettrica è una corrente forte, chi tocca il Lagunare, pericolo di morte…” ultime incursioni negli zaini dei baffi per recuperare quel che “gentilmente” i vecchi avevano “offerto” ai loro vecchi a suo tempo (un coltello tattico, un telo tenda, una tuta mimetica, un paio d’anfibi telati….), arriva il momento dei commiati: taluni si nascondono perché pensano d’avercela talmente su con il proprio vecchio, che le cose andrebbero a finir a coltellate, altri non si defilano,rischiano con qualche “va in congedo in m..a de to mare” o con qualche “ve venisse el sc….o ”, qualche diverbio con la promessa di “..speta che me congeda anca mi, vegno trovate casa e te fasso un muso cossì” e l’altro risponde “...so che te speto tuto impaurio….varda a no desmentegartene…” e via finche non si vede qualche sorriso e qualche stretta da mano.

Si sa, la vita è anche un susseguirsi di alti e bassi e di promesse mai mantenute e di paradisi di bugie, di desideri mai appagati, di sogni e di chimere! I Chioggiotti dicevano “…mondo de caligo, spussa e pecai…”!

Mi vedo arrivare il mio “vecchio”; con la divisa estiva seppur vissuta, tutta stirata, bascaccio da Marò spavaldamente sulle ventitré, cordone blu da comandante di squadra che nello specifico significava,anche perché comandante di squadra non era, che più “vecchio di così” non si poteva, nastrino tricolore alla spallina che allora tutti i “congedandi” si scovavano già qualche mese addietro e che appunto significava “ ma lo capisci brutta firma che adesso sono un civile”, senza cravatta, ma con le scarpe lucide, abbigliato quasi in ordine: mi piglia per una spalla, stavolta amichevolmente, mi trascina in un angolo appartato e mi fa con il suo dialetto portogruarese tra una risata e l’altra: ”dai bafo, no startela a ciapar….no te gò miga rotto i c….i gnanca più de tanto….la me sembrava na dose giusta. La naja la xe fata così…. ancuo te patissi ti da bafo, doman da nono te godi e te te rifà su i to bafi…. la naja xe na roda…. Quando ti te congedi ricordete de venirme a trovar a ………..” e chi se lo ricorda, ”Ciao…Bafo Bufalo Bil…’sta tento ai indiani”.

Lo guardo, con la sua stazza gigantesca, ha un sorriso largo mezzo chilometro che gli irradia il viso, è contento, euforico, felice della fine  di tutto quello. Gli dico: ”ciao ciao e che el Signor te compagna, spaccac….i de prima qualità”, mi porge la manona tipo racchetta da tennis, mi sgretola la mano con una stretta spropositata, piglia su il sacco a spalla  e se ne va.

Basta! E' tutto finito. Non se ne parla più. Archiviato.

Da quel momento entriamo in una altra atmosfera: non guardi più sottecchi, guardi dritto in faccia; non sussurri più quando parli, ora hai la voce ferma; non circoli più in caserma rasentando i muri o cambiando strada quando incontri il vecchio: ora vai per la tua strada e neanche se incroci il Comandante di Battaglione cambi strada…. (chissà…. ecco… forse se….. forse se incontri il tenente Mangione…).

Quando arriveranno i nuovi baffi, noi acquisiremo la qualifica di “tuba”, termine che sta ad indicare una qual collocazione in uno stato di limbo, di attesa non meglio delineata, comunque con la proibizione più totale di irradiare obblighi sui neo-baffi mentrecchè nessuno nei tuoi confronti poteva campare, a te parigrado, nessun diritto. Quindi, quando arriverò all’Isonzo, non avrò “vecchi” ad attendermi con le loro amenità”, il che nel contesto, era un’ottima, anzi una grande cosa.

Ci eravamo lasciati, la precedente puntata, al momento in cui varco, sul far della sera, la porta carraia della Caserma A. Bafile, sede del mitico Btg. Anf. Isonzo. All’entrata colgo subito l’impressione di una architettura militare certamente simile a tutte quelle caserme disseminate per il Friuli; una bella “piazza d’armi”, con viale perimetrale in ghiaino, siepi e fiori ben tenuti, tagliati di fresco. Staccatine ed aiuole curate, poche cicche per terra, poche cartine sparse qua e la; Comando di Battaglione e costruzioni che danno verso la strada esterna,ben dipinti di giallino e stacchi  a righe orizzontali rosso veneziano; quella che scoprirò essere l’abitazione del Comandante, una bella villetta anche questa ben tenuta, bel giardinetto, il pennone in centro alla “piazza d’armi”, svettante e sicuramente trafugato li da qualche natante, cosa che la mia origine clodiense (l’abitante di Chioggia non si chiama chioggiotto, come sopra ho erroneamente anch’io, scritto, ma Clodiense), mi avvertiva per aver visto sulle navi, quel tipo di incrocio al culmine, con una sbarra trasversale per allacciare le “carrucole” e le “sartie”; la base del pennone in muratura e decorata con piccoli tondi sassi di torrente in una specie di aiuola recintata e su questa con vernice nera e policroma, dipinti un po’ naif, i simboli del Reggimento Lagunari: il Leone di San Marco in “moleca” e  “ancora sovrastata da corona turrita ed alla base fucile incrociati”. Sul palazzone, per capirci, delle armerie, sempre al lato che guarda la “piazza d’armi”, vedo sullo spazio tra il tetto e i grandi finestroni del primo piano, una scritta, penso,un motto: strizzo gli occhi, è l’ora che volge al desio come dice il poeta, la luce e poca, io sono anche un po’ miope, e così non riesco a leggere. Lo farò quando avrò l’occasione. In seguito.

Arriviamo alle camerate; con estrema gentilezza mi scaraventano dalla campagnola tutto il mio bagaglio sopra una specie di marciapiede, muretta, zoccolo che corre, alto un metro circa, lungo tutte le costruzioni delle camerate, mi dicono che la fureria di Compagnia dovrebbe essere davanti a me e…”buonanotte al c…o”, come si soleva dire nell’occasione, ai tempi.

Per la caserma non vedo anima viva. Arriveranno,penso io. A lato della costruzione della camerata, intuisco dagli effluvi che ne sortiscono, esserci la mensa. Busso alla porta della fureria di compagnia non mi risponde nessuno. Pian pianino entro in mensa e vedo movimento, dico a uno in tuta blu che sta armeggiando con un carrello: ”son pena rivà… ti sa gnente dove vago e cossa fasso ?”  Si volta e vedo un mio concittadino, certo Tallon Luciano, macellaio, ora da militare, cuoco, butta un po’ sullo s…..o, che ora ci ha da fare e che non ha tempo, che vada in camerata che prima o poi qualcuno si farà vedere per la cena. Sempre all’insegna del “grassie al c…o”, vado in camerata salendo una scala ed arrivo al dormitorio.

Desolante e freddo.

Arriva un Sergente. Biondo con una bella barbona bionda, occhialini e fare simpatico. Scoprirò poi chiamarsi Pasquale Francioso; m  sbatto sugli attenti, mi presento come si usava allora e chiedo cosa devo fare, va giù in fureria, telefona e poi mi dice che non ci sono le chiavi per prendere il materiale per la branda, quindi mi dice che intanto aspetto per andar a mangiare e poi me ne vado a dormire in infermeria dove ci sono sempre tre letti fatti e pronti.

La prima notte all’Isonzo, la passo in infermeria!

La prossima volta vi racconto il seguito.

San Marco!!!

Lagunare Dino Doveri.

Ciao a tutti, belli e brutti….. fuorché, a chi un Vero Lagunare non è.

 

*****************************************************************************************

 

Subject: 9ª puntata.
Data: Lun, 08 Dic 2003

 

Riprendiamo, per la gioia dei miei numerosi fans, si fa per dire,un’ulteriore puntata dei “Racconti di naja”.

Si sta avvicinando la sera e poi seguirà la prima notte al Btg. Anf. “Isonzo”. Come vi dicevo nella puntata scorsa,intanto mi assegnano,il magazzino di compagnia è chiuso ed è tardo pomeriggio,un letto in infermeria perché non riescono a darmi la branda in camerata della Mortai. Tiro e mollo con gli zaini per far passare il tempo,lustro e liscio il corredo,grasso agli anfibi,poi ”crema per calzature-colore nero”come recitava la dicitura dell’E.I. sulla scatola, allo scarponcino da libera uscita,mostrine al punto giusto,ottoni del cinturone con il dentifricio,(ah…i vecchi che mi hanno insegnato che con il dentifricio,sotto la naja, e con poche altre cose,si può fare di tutto…),pantaloni da libera uscita sotto il materasso per far la riga e così via,poi mi arrischio a mettere il naso fuori della porta dell’infermeria,vedo qualche Lagunare che sbracatello più che mai,circola per la caserma,mah….si vede che è proprio un battaglione di punizione…basta guardar le facce patibolari e l’uso della divisa dei deambulanti,i loro vari modi di calzare il Sacro Basco e già comincio a costruirci sopra delle congetture contrastanti……ma passa un CM con una banda di “sbudellati” che di più non si può,scaraventano i loro zaini in terra davanti a quello che scoprirò poi essere il Cinema o Sala Convegno,sbatacchiano il mitico Garand sulle masserizie con noncuranza ed enfasi di vita militare vissuta ai limiti;mi avvicino con le mani in tasca come l’affare non fosse mio,guardo, giracchio in torno,ascolto,mi soffermo,soppeso. Danno l’impressione di essere reduci da chissà quale raid infernale;intuisco dai moccoli ed i commenti,(più moccoli che commenti,per la verità), che sono tornati dal fare la guardia per un periodo di circa una quindicina di giorni,ai cosiddetti “forti”.M’informo cos’è ‘sta roba:trattasi di far parte di una “guardia” che per il periodo suddetto,effettuerà la vigilanza armata ad un “Forte” cioè un deposito di materiale od esplosivi e munizioni di pertinenza dell’Esercito.In linea di massima mi dicono,questi forti sono tutti più o meno nella zona di Venezia e prima o poi mi assicurano,toccherà anche a me:turni di due ore di guardia e quattro di riposo,così per tutti i quindici giorni del turno,fuorché un giorno dedicato all’uscita,sempre che esistesse un posto per il quale valesse la pena d’uscire.Per coerenza,debbo dire che mai previsione fu più azzeccata ed in specifico la cosa era più sicura che mai proprio per i Mortaisti. In effetti, il Mortaista tipo,una volta finito il corso,a parte qualche sporadica uscita per effettuare i cosiddetti “tiri”,altro da fare non aveva,per cui giocoforza,era quello che si cuccava gran parte delle attività che divenivano collaterali nel contesto della vita di un’unità militare del nostro tipo. Dunque,tornando alla nostra guardia smontante,mi assicurano che è una rottura di p…e inenarrabile e si defilano stanchi e stracciati,verso le camerate,strascinando per terra la loro dotazione. Medito sul tutto:comincia ad affliggermi non poco il pensiero di ore e ore a ruotar i pollici di guardia a qualche baracca. Arriva finalmente l’ora del rancio serale,suona “la pappa l’è cotta…la pappa l’è cotta…venite a magnar”, mi appropinquo verso la Compagnia poco distante e finalmente vedo,stravaccati sul quel marciapiede rialzato che corre,(anzi…correva allora;ora nella vecchia caserma in disfacimento,il terreno è ad altezza fabbricati), lungo tutte le Compagnie,quei fottutissimi “fratelli di naja” con i quali avevo trascorso il periodo CAR a Pesaro:”o baffo,cossa fastu ti quà…..te gai mandà via per scarso rendimento…..ti gà roto i c….i a qualche firma?…….Non pensavo de vedarte ancora…..varda el baffo Dino dove ch’el xe cascà……”. E poi pacche sulle spalle,baci,(assicuro ,virili) e abbracci,risatone e clima festevole e poi giù domande“come xela al Marghera…xe vero che i xe spaccaco...i da mati….xe vero che i te fa un c..o cossì….”. Chiedo dov’è e chi è ‘sto De Bei,Specialista al Tiro,che se ne va al “Marghera” al posto mio,così tanto per vederlo in faccia:”…ah…el strisson…ea serpe….el xe ‘ndà in licenza a casa e ‘po el va direto a Malcontenta…..”.me lo inquadrano nei tratti somatici e allora mentalmente lo individuo e ricordo che era anche lui al CAR con me.Veneziano puro sangue,aria da sopra le righe,un Vip si direbbe adesso,il classico la di cui famiglia ha le conoscenze “giuste”,il servizio militare non lo ha evitato ma almeno lo trascorrerà quasi tutto,a sei chilometri da casa…… Vedo che sono contenti del cambio e..beh..vi dirò….mi risollevo il morale pure io a quest’accoglienza e poi sono anche sorpreso:non credevo di essere riuscito così amichevolmente congeniale a quei quattro disgraziati con i quali avevamo vissuto insieme la naja dal primo giorno al Reggimento Fanteria “Pavia” CAR.Si vede,mi dico,che non sono poi, quel grandissimo st….o che mi descrivono o che mi hanno fatto sembrare. Meglio così! Trovo il Gianni De Prà di Carpenedo, il buon Dario Bari della Favorita sul Terraglio, altri due o tre di cui non ricordo più il nome,un Fuin mi pare,pure lui veneziano. Ne viene fuori una caciara alla grande proprio nel momento in cui arriva ancora il Sergente Francioso:due urli,baffo quà, ”scattare”,baffo la,”azione”stai punito, ,”haitì”, ”ripsò”, facciamo un inquadramento alla buona e “avanti-marsc,’nò-duè,’nò-duè”, percorriamo quei pochi metri che ci separano dalla sala mensa truppa sbattocchiando gamelle e piatti e per me è giunta l’ora di prendere contatto con la cucina dell’”Isonzo”. Vi dico subito,e non vi siano parvenze di dubbio,è un impatto traumatico! Puzza incancrenita di verze e cavoli lessati,almeno così sembra,speriamo non sia l’olezzo autenticamente invecchiato della vasca biologica fognaria di pertinenza;la sala mensa la vedo lugubre e scura,portalampade anni 40 basse sui tavoli,con quei muri dipinti in un triste grigio a olio un metro e mezzo da terra,finestre con serramento in legno e vetri a quadrettoni,pavimento con le solite piastrelline di gres rosso scuro,(queste sono invece,quadrate al contrario di quelle del “Marghera”), soliti tavoli con il piano in formica verde pastello,soliti sgabelli in metallo,soliti mezzi-litri di rosso non meglio definito con fondo sedimentoso cristallino. Dunque per ora non cambiava niente. Distribuiscono la minestra:robba ultra terrena;sono convinto che gli addetti della cucina siano stati i primi in Italia allora, a sperimentare la “nouvelle cousinne”. Assolutamente allucinogeno! Era evidente che le sperimentazioni culinarie perduravano indefessamente a prescindere dai risultati! Secondo:bistecca alla “molibdeno-tungsteno” e insalatina all’acqua con aggiunta di ingredienti non meglio identificabili ma sicuramente di dubbia provenienza. Pometto striminzito e auguri dello chef,di superare il tutto gagliardamente! A parte il pranzo che il Comandante di Battaglione ci concesse il giorno stabilito per i saluti di prammatica del Congedo,per tutta la durata del soggiorno all’Isonzo,la cucina,se così eufemisticamente si può definire,fu variante tra lo schifoso e l’immangiabile,tra il nauseabondo e lo stomachevole. E stabilii anche,che all’ormai perduto Btg. Anf. “Marghera”, dovevano ai tempi,esserci in forza al reparto,quelli che durante il mio soggiorno mi sembravano degli assassini della culinaria,invece in confronto a questi,ora apparivano degli allievi ed emuli del noto Chef Gualtiero Marchesi,almeno….nelle debite proporzioni! Hai,hai…cosa mi ero perduto…. Gli amiconi Gianni & Dario,con i quali formeremo da lì in avanti,un trio indissolubilmente legato per tutta la vita militare e poi finchè fu possibile anche da civili dopo il congedo,mi chiedevano di tutto e su tutto.Io,di rimando,cercavo di farmi dare le dritte sulla realtà dell’Isonzo;chiedi tu che chiedo io,alla fine mi faccio un quadro abbastanza ottimistico:sembra che ‘sto Battaglione di punizione che doveva essere l’”Isonzo”,non fosse poi questa tragedia come veniva descritto al “Marghera”. Mi buttano lì due o tre nomi che devo memorizzare perché questi sono Ufficiali e Sottufficiali che non perdonano e che quando li vedi,devi girar alla larga;quello che spunta su tutti e che ricorre più spesso nelle considerazioni degli Amici,è il Tenente Di Benedetto.Primo in classifica! Me lo identificano come un maniaco sadista,quindi attenzione all’uomo che tra l’altro non ho mai visto per cui me lo descrivono fisicamente talmente bene che la prima volta che lo vidi, già intuii subito che era lui il famigerato “Kriminal”; così infatti,l’avevano battezzato a suo tempo i “noni” che tutto sapevano e tutto intuivano! Apprendo con sollievo,che il suddetto non è nella nostra Compagnia,ma che indugia per la caserma ed anche nella Stazione ferroviaria di Villa Triste,spessissimo e con l’abitudine di ammollare punizioni a destra e a manca su tutti quelli che gli capitavano a tiro:un convinto simpatizzante delle metodiche del tenente Mangione del “Marghera”, penso io. Morale:tenersi alla larga il più possibile! Altro nome molto in voga in quel momento e secondo in classifica,è il Capitano Canfora:anche questo non è alla nostra Compagnia,constatazione estremamente positiva,dico io,data la nomea.Mi dicono che quando parla lui,…parla…si fa per dire,parla…in realtà quando parla,urla che lo sentono anche le canoe della vicina caserma…. devi guardar da un’altra parte,perché se ti nota o se sostieni lo sguardo,sei spacciato!Terremo a mente…. Tra i Sottufficiali la classifica è poco nutrita e a dir il vero non mi viene evidenziato dagli Amici,nessun nome in specifico;mi avvertono che se passo dalle parti dell’Officina,di star attento al maresciallo Zara il cui divertimento preferito consiste nell’appiopparti sonori e micidiali schiaffoni sulla coppa,non appena si presenta l’occasione di averti a tiro. A dir la verità,in quel momento la cosa mi trasmetteva anche un certo senso d’ilarità;questo perché non avevo l’idea di che consistenza fossero gli sberloni in questione.Nelle prossime puntate ve ne darò chiarimento più dettagliato. Finita la luculliana cena,(sono riuscito a mangiar tutto dalla fame che avevo, ma un dubbio mi assilla pesantemente per il futuro:riuscirò a non morire di fame nel prosieguo del mio soggiorno friulano?), mi si propone dagli  mici, di andar allo spaccio truppa,visto che fuori in libera uscita ormai non se ne parlava più per quell’ora. Lo spaccio,scala uguale a quella per salire in camerata, mi sembra il bar dell’oratorio dei Padri Filippini,anche se molto più grande e al posto dell’immagine di San Filippo Neri e di Sant’Ignazio d’Antiochia, vi sono dipinte sui muri,due bei olii mi sembra,uno raffigurante un maestoso se pur primitivo e “azzannante” Leone di San Marco in posizione “andante”,l’altro,un Lagunare in mimetica con Fal BM59 che urlando,sta effettuando uno sbarco e con,sfumata sullo sfondo, la testa del “Leon” e bandiere svolazzanti con i simboli delle dipendenze militari di allora ed il motto “…come lo scoglio…ecc. ecc.”. Pavimento con le solite piastrelline rosso scuro qualche tavolino e qui inopinatamente,anche delle sedie “umane” con schienale e fondo sagomato, al posto dei soliti sgabellini onnipresenti. Bancone imponente,almeno mi sembrava a quei tempi,sigarette,bibite e liquori a prezzi stracciati, ma con le nostre finanze di allora,pure bisognava fare bene i conti sullo spendere. Ricordo a proposito per gli attuali Lagunari in Ferma Breve o Prolungata, stipendietto mensile che arriva attualmente ai 1.000 € mensili,che la decade,lo stipendio che lo Stato ti concedeva ogni dieci giorni,consisteva ai tempi,in ben 1.910 Lire,dal che se ne deduce che la paga  giornaliera per un Lagunare semplice,era di ben 191 Lire al giorno.Pur con la proporzione dei prezzi di allora,era pur sempre una somma micragnosa ed insignificante:per fare un esempio,un pacchetto di Nazionali con Filtro,ebbene si…allora fumavo,veniva a costare circa 200 Lire! Ci mettiamo ad un tavolo in quattro o cinque con la preventiva,ferma e neanche poi tanto nascosta idea di far bisboccia e cominciamo con tre o quattro raffiche di “prugnette”. (Per chi non lo sapesse,quindi per la sana gioventù “ecstasyata” di adesso,la “prugna” o familiarmente “prugneta” in dialetto veneto,era un distillato ovviamente della prugna,che ai tempi andava molto in voga anche nella vita civile,molto dolce,ingannevole perché sembrava di bere un liquorino da Convento delle Canossiane ed invece caratterizzato da una micidiale gradazione alcolica pari pari ai più noti liquori generalmente consumati dai più inveterati cultori dediti al Vizio di Bacco). Insomma una serata indimenticabile,ridi tu che rido io, domanda tu che domando io,eravamo proprio felici e contenti di esserci reincontarti di nuovo. E’ lì per la prima volta che odo dal vero ed in diretta,(“Live” si direbbe alla Tele,pronuncia “laiv”), e con un significato ben preciso,il termine “Marò”. E’ il Sergente Francioso Pasquale che entra nello spaccio e fa:”Hò… Marò, che min…a se bbeve…offrire al superiore in grado è un dovere per il baffo… che se bbeve stasera…?”Si cala al tavolo e per tutta la sera mi spiega e ci spiega ,Villa Vicentina detta in gergo “Villa Triste”;io chiedo cos’è ‘sto “Marò”,vengono fuori racconti e saghe,leggende ed epopee sul mitico Battaglione San Marco i di cui appartenenti,i “Marò” appunto,che proprio su queste sacre pietre calcarono i loro passi,…e,spiega il Sergente,… Marò è l’abbreviativo di Marinaio…mica siamo come quelle fottutissime canoe del Genio che abitano…diciamo meglio,bivaccano….di la, più avanti….dove?….quà   un tiro di schioppo,prima dei binari della ferrovia…. che anche qui all’”Isonzo” chiamano “stramaledette canoe”….. Tracanniamo dopo le   prugnette”,una bella sfilza di “graspete” e più andavano giù e più le puttanate divenivano grosse e confuse…..e poi a confine con la nostra  caserma ci sono quelli della Nembo…..ma la Nembo,non sono Paracadutisti?…. Lo erano. Adesso non più……perché i più forti siamo noi Lagunari…..che prima eravamo i Marò del San Marco….ma lo vedi baffo maledetto….Prego!Adesso “Tuba”!Lo vedi ‘sto “Leon de Sammarco” pitturato sulla parete?Vedi che è raffigurato differente di quello che hai sul Mao…quello è il Leone dei nostri mitici predecessori….vedi che due p…e che ci ha sotto….,(ed io a tirar gli occhi,sono discretamente miope, per verificar di persona quegli attributi anatomici portentosi),…. e quà alla mattina davano la sveglia con le sventagliate di mitra MAB….vedrai che ti faccio vedere i buchi delle pallottole sui muri dell’androne della Tobruk…..e cos’è ‘sta “Tobruk”?….ah….baffi maledetti che non sapete una min…a,…la “Tobruk” è la tua Compagnia….è la Compagnia Mortai da 120m….m….mm…millim… (non riusciva a pronunciare la parola “millimetri”),…era chiamata nel Btg. San Marco,”Compagnia Armi d’Accompagnamento Tobruk”…..baffi ignoranti…perché a Tobruk che è in Libia, il San Marco a scritto pagine d’eroismo proprio la Compagnia Armi d’Accompagnamento e gli fece un c..o così agli…..erano Inglesi o erano Tedeschi? Boh…non mi ricordo se prima o dopo l’otto Settembre…..di che anno?Bho…sicuramente intorno al 1943………forse…,noi,loro cioè,avevano i mortai da 60m…mm….beh…..insomma,…llmetri …..e poi alla fine quando i Marò sono stati trasformati in Lagunari,gli hanno dato…..arriva ‘sta “prugnettaaaaa?”…gli hanno dato in dotazione quelli da 81….mortai dico…ma poiché noi Lagunari abbiamo il compito di fermare gli slavi se  vengono di quà…..di quà dove?…..ma in Italia min...a! ….A baffi,baffi….ma dove avete vissuto sino ad oggi….a noi ci hanno dato il…e qui si  fermava per prendere fiato per gonfiare il petto e quindi con soddisfazione ed orgoglio…il nuovo Mortaio da 120m…m…mmm…ma vaffanc’…quella cosa la…… Sicché il Sergente Francioso che da quella sera sarà chiamato fraternamente Francis, (pronuncia Frensis), con gli occhialini appannati e la bionda barba gocciolante,capendo che in quell’atmosfera di sbracamento alcolico, stava bruciandosi l’autorità che il grado gli dava e gli richiedeva,levò le ancore traballando e sbattendo su per la porta dello spaccio esclamò:”….o baffi….domani…hip….vi faccio…hip….un mazzo così…hip….baffi,dovete morire!”. Ho Francis….guarda che adesso siamo Tube……. Non prima d’aver ingerito come bicchiere delle staffa, un “cognacchino leggero”,decidemmo che la notte sarebbe stata troppo burrascosa e per cui sarebbe stato il caso di passare a bibite analcoliche ma nel mentre di tale sofferta considerazione,si mise a gracchiare una strana trombetta scricchiolante da un disco preistorico e grattuggioso, irradiato da altoparlanti disseminati per la caserma e che ci avvisava che era arrivata l’ora del giusto riposo. I “fioi” si dirigono in camerata della Mortai cantando a squarciagola “Lady Jane”,il Sergente Francis urla che adesso va a fare la nota di tutti quelli che domani andranno in tabella servizi a pulir cessi e siccome i baffi non sono ancora arrivati,la cosa è certificata;io mi dirigo in infermeria che con difficoltà riesco ad individuare,mi schiaccio sotto le coperte e cerco di fare il quadro della situazione.Non riesco a fare nessun quadro e manco un quadretto,(con quella ciucca,mi veniva bene il dodecaedro),l’esecuzione del silenzio mi trova ad evacuare più liquido possibile acciocché,alleggerito di cotanto peso, mi addormento di sasso.Alle due mi sveglio con la nausea,espleto la fatale incombenza epigastrica,mi ributto in branda,cerco di dormire ma non ci riesco:chi è il Comandante di Compagnia?Chi il Vice Comandante?Ed il Comandante di Battaglione sarà un duro o uno che lascia vivere?Da domani cosa mi faranno fare?Quando andrò a casa in licenza?E a casa,che ci vado a fare?….Gli amici sono anche loro a sciropparsi il militare,i genitori li ho persi anni fa…con la ragazza di turno abbiamo chiuso per corna in corso…solo per farsi lavare la roba dalla zia,sarebbe….mah…vedremo. Però che forti che siamo!Marò…Battaglione San Marco….Tobruk… Osteria! Fucilieri della Marina….che forza! Vabbè…adesso siamo nell’Esercito,in Fanteria insomma…..e chi se ne frega…peggio per la Marina!Però Loro avevano il Leone per di quà….e vabbè…noi ce lo abbiamo per così…sempre Leone di San Marco comunque è……e se domani mattina danno la sveglia…..con una sventagliata di MAB?….ah…. ma io sono che dormo in infermeria………hi,hi!

San Marco!!!

 

*****************************************************************************************

 

Subject: 10ª puntata "Racconti di naja".
Data: Sab, 21 Feb 2004

 

Vedo che ora siamo arrivati alla decima puntata del mio “racconti di naja”.

Sinceramente all’inizio l’idea non era questa. L’idea era di buttar giù due righette per vedere se qualche altro Lagunare avesse aderito all’invito implicito di mandare al Sito, un qualche cosa di suo, una paginetta di vita lagunare vissuta. Ma visto che ci siamo, che ormai ”alea jacta est”, il dado è tratto, andiamo avanti, se non ci saranno fatti imprevisti, sino alla fine.

Ci eravamo lasciati, cari amici (so che qualcuno, d’essere amico mio, è l’ultima cosa che desidererebbe ma lo rassicuro: con il concetto dell’amicizia che ho, sicuramente quel qualcuno, amico mio non sarebbe mai divenuto! Scusate. Sono pensieri che circolano criptati: l’atmosfera è questa, bisogna giocare tra il dire ed il non dire, sennò il Grande Fratello va in fibrillazione, tuttavia coloro che mi “intendono”, sanno ed hanno capito più che bene), ci eravamo lasciati alla prima notte all’”Isonzo”. La mattina, un po’ (molto) rimbambito dalla ciucca della sera precedente, mi presento davanti alla Compagnia, due saluti, inquadramento e se non vado errando, presentazione della forza ad un Sottotenente, ma del Comandante di Compagnia, nemmeno l’ombra. Il S.Ten. mi fa andare a far colazione (un eufemismo che significa una gavetta di caffellatte annacquato e due pacchettini di durissime gallette accompagnati da una formella di marmellata), poi mentre gli altri se ne partono per il comprensorio addestrativo, io attendo che mi diano il necessario pe  organizzarmi il mio “posto branda”. Arriva un Maresciallo Maggiore, certo Lo Cascio. Dovete sapere cari Lettori, che allora un Maresciallo Maggiore non era da noi equiparato a Dio, ma a qualche Santo di grossa portata sicuramente si. Anche qui, attenti e saluto che esprimevano il grande rispetto che cera stato inculcato nei confronti dei gradi superiori.Il suddetto Maresciallo, di prima impressione, mi sembrava sull’alquanto burberotto, sbrigativo e di poche parole. Prende nota del materiale che mi danno, guarda il mio cognome, mi chiede da dove diavolo provengo con un cognome così. Glielo dico. Si lancia allora in una chiacchierata che quasi sconfina sull’umano, ma poi si riprende subito, si vede che secondo lui, si era “mollato” troppo e mi spedisce di corsa a mettere a poste le mie cose. Sopra, in camerata, di giorno, l’impressione di freddezza diviene ancora più persistente. Di fatto, la Compagnia,come tutte le altre, occupa una porzione di quello che io penso, fosse stato in origine un magazzino militare ferroviario. La Mortai, era ubicata nel primo  capannone partendo dal locale mensa; le altre compagnie proseguivano poi, sempre sullo stesso lato, sino quasi al recinto di confine della caserma. Che ai tempi della sua costruzione, fosse stata usata come deposito, non v’era dubbio: binari ferroviari correvano lungo tutto il fronte delle Compagnie; sicuramente quel marciapiede così rialzato non era un marciapiede, ma una banchina a livello scarico vagoni ferroviari. Quindi da questi particolari, stabilisco che il dormitorio occupa la parte superiore di un manufatto adibito in origine, a contenere materiale. Potete immaginarvi che meraviglia sarebbe stato, passarci dentro una porzione della vita. Uno stanzone lungo alcune decine di metri. Dall’androne e da dove si accedeva anche alla Fureria, Ufficio del Comando di Compagnia, Magazzino di Compagnia, se ne dipartiva la scala che portava all’entrata della camerata vera e propria. Un'altra entrata dalla parte opposta e da dove si poteva accedere alle latrine e lavabo, che se non vado errando, avevamo in comune con un’altra Compagnia. Lo stanzone, il dormitorio, tagliato nel mezzo da un’infilata di pali in ferro verniciati di nero lucido a olio e che formavano a loro volta un corridoio centrale che andava da porta a porta, era ripartito in una decina di comparti per lato, di una cinquantina di metri quadrati cadauno e dove trovavano sistemazione sei brande, meno male, non a castello. Erano occupati i primi tre o quattro comparti dal lato della porta d’accesso principale, ma poi tutto il resto della camerata era totalmente deserto. Nessuna finestra a livello uomo.Invece c’erano dei finestrini ben protetti da un’inferriata a graticola, ad un’altezza di circa due metri e mezzo dal pavimento, dai quali ovviamente per l’altezza, non si poteva vedere fuori ma si potevano scorgere le nuvole che lente, scivolavano sul chiaro cielo friulano. Di prima impressione, la scena ricordava nella fattispecie, un qualche locale ad uso penitenziario. Il massimo del lusso si avvertiva dal pavimento dove c’erano delle piastrelacce in granigliato grigiastro che come in ogni pavimento militare che si rispetti, rilucevano di una cera mai data, di improbabili spazzoloni e ramazze di fortuna fatte funzionare dall’olio di gomito e null’altro. Affardello tutta la mia mercanzia in un angolo dove mi hanno indicato gli Amici Gianni & Dario, proprio di fronte alle loro due brande; dietro la testiera della branda corrono altri due o tre traverse i ferro verniciato nero che dal muro della parete raggiungono le colonne (pali in ferro), che costituiscono il “corridoio”.

Alle traverse è agganciato in alto, il ripiano in ferro nero dove sistemo il famoso zaino-valigia (quello,per intendersi che contiene il mitico “squadrazaino” che i nostri “vecchi” ci hanno gentilmente offerto…..dopo congruo versamento di vecchie lirette che alla fine son servite  loro, per pagarsi parte della cena del congedo). Sopra lo zaino valigia, ci mettiamo l’elmo (lo esamino: anche questo ha spruzzato sopra con vernice nera opaca, il bel fregio con ancora, corona e fucili incrociati alla base, taglia cinquantanove. Bella circonferenza cranica!), subito più giù ci sono dei ganci ma mi hanno avvertito che servono come attaccapanni solo durante la notte; di giorno non ci attacchi niente. Dietro la testiera della branda aggancio lo zainone grande dove ci teniamo gli indumenti di tutti i giorni, materiale d’uso comune, stoviglie, asciugamani ecc. ecc., e tutte le piccole cose che potenzialmente ti appartenevano. Potenzialmente, perché erano tue finché qualcheduno non te le sgraffignava. Poi c’è lo zainetto tattico, quello piccolino dove trovano alloggiamento il vanghetto tattico, il telo tenda mimetico, i paletti in metallo, il materassino gonfiabile, la borraccia,la gavetta in alluminio e quant’altro.   Non mi ricordo più se lo si agganciava sopra lo zainone o sull’inferriata che fungeva da separè con il comparto posto dietro. Poi,lo sgabello in legno dipinto di marrone, dove piazzavi gli anfibi e ti sarebbe servito anche per sederti ogni tanto, quando la branda non era stesa…. Lo sgabello aveva anche funzione di comodino perché la notte veniva tolto da davanti la branda e passava al lato per darti la possibilità di appoggiare un candela, un libro, il portacicche di fortuna….   Sistemo il “cubo”.Lenzuola di cartavetrata, materasso riempito da chissà che cosa e di un bel color grigio-giallognolo che lasciava presupporre anni e anni di indefesso e continuo servizio. Il telo della branda così sfiancato che per non dormire insaccato, avevo imparato a far un certo procedimento “intorcigliatura” con i ganci, sistema che permetteva di tendere il telo affinché si potesse dormire in un sistema umano.   Una sottile coperta verde-marrone, ruvida e leggera, coronava il tutto.   Effettivamente l’insieme dava l’immagine molto assomigliante alla classica brandina da carcerato, che ogni tanto vedevamo in qualche film.   Sistemato tutto il corredo, mi metto in tuta mimetica e mi accingo a raggiungere gli altri che, guarda caso (ma quanto durerà ancora ‘sta menata?), stanno facendo addestramento con il “Bimbo”, Lui si…proprio Lui, il Mortaio da 120mm.   Me la prendo comoda, mi guardo intorno, cerco di capire il luogo; con fare spedito e passo veloce (e che diamine, basta poco per far vedere che stai facendo qualche cosa…), vado su è giù per la caserma, quando vedo confluenza ed assembramento di gradi sulle spalline, devio dal percorso con fare deciso o torno indietro come mi fosse venuto in mente d’aver dimenticato qualche cosa; individuo il Comando di Btg., il Corpo di Guardia, il Passo Carraio, il Circolo Ufficiali, il Circolo Sottuffciali, la Maggiorità, le Armerie, il barbiere, il Cinema l’avevo già individuato, lo Spaccio pure, l’Infermeria non ne parliamo. In piazza d’armi, la giornata è splendida, l’occhio mi sale al motto che avevo visto la sera prima, quando ero arrivato all’imbrunire, ma non ero riuscito a decifrare: riesco, tra le scaglie di pittura che stanno scrostandosi  appena sotto il tetto, a leggere “Qund”,”arco”,”l..oa”,”tutt”,”tri”,”assa”,”oa”. Resto interdetto. Sembrerebbe un motto. Non assomiglia però, a nessun motto che sino in quel momento avevo sentito (-Anche il motto “come lo scoglio infrango,come l’onda travolgo” era fresco, fresco allora e mica si sentiva tanto in giro!).Boh… penso che sia stato magari, il motto di qualche altro reparto che in passato aveva messo li radici… oppure magari una cosa relativa ai magazzini ferroviari di tempo addietro. Non so…chiederemo… Piglio la curva larga e accedo al percorso di guerra dirigendomi verso il settore Officine Meccaniche dove vedo in bella vista gli M113 allineati ma infangati all’inverosimile. In un locale c’è uno strano cingolato, mezzo aperto sopra, che sembra una vasca da bagno, molto più grande dell’M113, con dei cingolacci che arrivano alti quasi al livello di pilotaggio ed un portellone ribaltabile sulla parte posteriore e due belle Browning dodiciesette impiantate sui lati della vasca da bagno, che puntano il cielo. Mi fermo a dare un’occhiata ‘sto mostro mai visto in vita mia. Mi viene alla mente che nei racconti fantastici che ci scambiavamo alla sera prima d’addormentarci, al “Marghera”, si favoleggiava di un certo mezzo anfibio, che poteva anche galleggiare e, vi giuro, me lo avevano assicurato,poteva anche andar per mare.   Io avevo dei forti dubbi, ma visto che avevo preso l’abitudine di stimare con molto rispetto, il materiale militare, mi dissi che magari, poteva anche  essere. Poteva essere anche vero che proprio quel mostro di metallo con il “cofano” anteriore aperto all’interno del quale si scorgeva un apparato che aveva tutti gli aspetti se non assolutamente quello di un motore, alla fine potesse andar per mare. Mi avvicino ancor più e dietro a ‘sto “drago” metallico, scorgo un carrarmato a cui manca qualche cosa dalla sagoma. Che fosse un carrarmato, non v’era dubbio (con tutti quei film americani di guerra di cui mi erro pasciuto sino ad allora, non potevo sbagliare), che gli mancasse qualche cosa, era però, certo.

Poi capisco il mio disagio: ma manca il cannone! Se manca il cannone dovrebbe mancare la torretta mi dico, ma guardando da altra angolazione vedo che sopra ‘sto affare ci hanno impiantato una specie di triangolo di grosso tubo di ferro con al vertice superiore, una carrucola con del cavo d’acciaio ed un gancio.   Sarà un mezzo di recupero adibito a quello strano, enorme, mezzo cingolato.   Gli interrogativi non vengono risolti e so che in futuro avrò modo con comodo, di svelare l’arcano.

Non posso star li più di tanto perché mi aspettano.Vedrò ‘sta novità quando il caso me lo permetterà.   Vedo i “nostri” in mezzo al prato, che come al solito, stanno spupazzandosi il “Bimbo”, mi avvicino con passo non proprio veloce….e sento un urlo che proviene da dove è situata la cosiddetta “Arma Base”:”…veda, Eccellenza, se può gratificarci della Sua presenza a breve termine…..Presentatiti subito qui ….scattare….scattare….azione….azione!”.   Subito cambio registro: senso di pericolo incombente, la tranquillità lascia posto alla massima all’erta; scatto come una freccia verso l’autore dell’urlo, mi metto a saltare come un canguro per evitare le sterpaglie, mi avvicino e vedo stellette d’oro sulle spalline: allarme rosso! Mi trovo davanti quella che sarà la figura più emblematica della mia vita militare: il Tenente Raffaello Graziani!Il mitico, il leggendario, lo straordinario Tenente Graziani. Figura robusta, adesso direi, sul tarchiatello. Statura media, moro, faccia simpatica, piglio ironico, parlata con inflessioni che in quel momento colloco geograficamente nel territorio laziale o quanto meno del Centro Italia; fare sbrigativo ed impressione di efficienza.   Tento la mia carta: o la va o la spacca. Ricordandomi quel che mi avevano insegnato al CAR sul presentarsi ad un superiore, arrivo a razzo, sbatto i piedi per terra, mi irrigidisco come uno schizoide in un “attenti” teatrale, saluto con piglio e mi metto ad urlare come se il mio interlocutore invece che a due metri da me, si trovasse a cento metri di distanza: ”Lagunare Doveri Dino, incarico Mortaista pesante, Compagnia Mortai da 120, trasferito ieri dal Btg. “Marghera” al Btg. “Isonzo”. Comadi Signor Tenente”! Questo strabuzza gli occhi, accenna ad una parvenza di sorriso meravigliato, poi guarda gli astanti, Il Sergente “Francis”, un ACS, due Caporali, uno Specialista al Tiro e se ne esce: ”non credo ai miei occhi ed alle mie orecchie! Finalmente uno che si comporta come Dio comanda! Prendete nota del ragazzo. Bene così Doveri. Adesso…Azione! Vai all’”Arma Carla” e fai quello che ti dicono…vediamo cosa hai imparato al “Marghera”! Faccio un dietrofront da manuale, scatto verso le “Armi” schierate, chiedo dov’è il mio plotone (ai tempi, ogni plotone gestiva un “Bimbo” ed era costituito da un capopezzo, di solito un ACS, un Cap.le che dirigeva l’impianto e smenava con la radio, tre Lagunari, di cui uno che faceva il puntatore, uno il caricatore e uno stava dietro a passar bombe e quant’altro necessitava), arrivo, mi presento all’ACS, questo comunica via radio, arriva il S.Ten. Mi sembra ancora che sia il Signor Bordon, mi mette alla radio e quello alla radio che è il mio grande Amico, Cap.le Dario  Bari va a fare il caricatore. Cominciamo ad agire e mi accorgo subito che la mia preparazione e di gran lunga superiore a quella dei colleghi. Il corso del “Marghera”, la cosiddetta “Cura Elisei”, si dimostrava più che valida: giungono ordini via radio e li smisto alla grande, mi annoto coordinate per le varie entità, sputo a raffica quello che mi arriva via etere, urlo, me la cavo insomma!Il S.Ten. mi toglie dalla radio e mi fa fare tutte le mansioni che il mortaista deve saper fare: la cosa che mi viene meglio è di fare il puntatore, vado con sicurezza (l’avrò fatto alcuni milioni di volte al “Marghera”), il S.Ten. ogni tanto viene a controllare, scuote la bocca da fuoco simulando il rinculo, mi scassa tutto l’assetto, ma io riesco con il mio pignolesco piglio a ristabilire l’assetto velocemente ruotando manovella e manicotto con la sicurezza acquisita in tante passate prove. Traguardo infinite volte falsi scopi con un occhio e con l’altro le bolle “livelle”. Indico con consapevolezza al mio partner che manovra il “bipede”,le modifiche da apportare.Sento dentro di me, che sto dando una buona impressione, ce la metto tutta e poi scoprirò che quel giorno, in quel momento, mi ero giocato, positivamente, e ci mancherebbe, tutto il mio futuro nella Compagnia Mortai da 120!   Terminiamo l’addestramento, l’ACS mi ordina di pigliarmi in spalla il maledetto “tubo”; mi vuol “testare” anche a livello fisico. É vero che potevo dare, dato il mio aspetto, l’idea del “tegolina”, ma piuttosto d’aver manifestato segni di cedimento, avrei sputato sangue; gli comunico mentalmente: ”ormai ci ho fatto l’abitudine, amico mio. Non mi freghi! Se credi di pigliarmi in castagna adesso, con l’osso sulle spalle, ti sbagli di grosso!”. Ci dirigiamo a passo Lagunare sino alle Armerie, cerco di non tentennare, stringo i denti, non barcollo e alla fine deposito il “tubo” in armeria senza che nessuno mi dia una mano a tirarlo giù dalla groppa e chiedo con fare staccato:”pulizia..???”.   Dunque, tutto bene. Certo……

Rientriamo in Compagnia, vedo gli Amici che vanno a guardare la tabella dei servizi, distrattamente guardo immaginando almeno qualche giorno di “impunità”, ma parcaccia miseria, sul settore “Guardia” leggo il mio cognome.   Tutto bene? Tutto bene un’”ostrega”!   E vai!   Pomeriggio non ricordo, ma so che verso le diciassette, via in camerata a cambiarsi ed a tirarsi lucidi per la “Guardia”. Mi accorgo che gli altri hanno un indumento in più che io non ho: la Giacca a Vento. Ebbene si….la favoleggiata Giacca a Vento del Vero ed autentico “Guerriero”.   Non me l’avevano mai assegnata. Faccio notare il fatto, quindi giù in magazzino vestiario, rovistano dappertutto ma giacche a vento come quella che vogliono appiopparmi, non ce n’è. Grandi, piccole, sventrate, bucate,ma decenti no!   Poi, vedi a volte i fatti della vita, ad un attaccapanni c’è appesa una bella giacca a vento nuova di trinca, ancora con i gradi da Sergente Maggiore, indico l’indumento, giacché in quel momento non se ne trovano, mi dicono di prendere intanto quella. Poi la renderò per una più confacente al mio “status”. Alla grande! Una volta avuta nessuno me la ha più richiesta indietro! Nuova.Bella. Di un bel verdino sbiadito. Con tutti le sue cerniere integre. Con tutti i suoi bottoni originali, elastici che tiravano, cordoni che chiudevano, bretelle interne e cappuccio incluso. Uno spettacolo. Solo le stellette erano approssimative. Erano cioè in metallo ottonato. Diciamo che erano “fuori ordinanza”. Intanto teniamo quelle, oi si vedrà. Quella Giacca a vento mi accompagnerà poi, per tutta la naja, ai forti, di guardia, in montagna, di ronda, nei vari accadimenti che seguirono e fu per me come la mia “casa”, come il mio “rifugio”, come il mio “focolare”.   Veniamo passati in rassegna da un Ufficiale il cui grado mi era nuovo, un Tenente che portava sul colletto una fettuccia dorata come gli ACS. Mai visto un grado così e non capivo cosa significasse. L’Ufficiale portava la divisa con proprietà, bel tipo,capelli biondi,aria nobile, eloquio forbito, voce pacata, mi dicono sia l’Aiutante Maggiore, certo Signor Zitter, se il cervello non mi fa cilecca. In futuro capirò che la prima impressione non fu sbagliata. Mi sembrava un’ottima persona. Guardo il nostro gruppo: siamo belli che di più non si può. Tirati a lucido, roba da parata. Mi danno un paio di guanti bianchi; e avanti con ‘sta guardia in garritta all’entrata principale: due ore a sbattere il piede destro sulla pedana; alcune “canoe” si divertono a passare su e giù più volte perché farmi fare il saluto li rallegra. Non faccio una grinza. Pin pon,scick sciack, pin pon e così via sino alla fine del turno. Durante la notte, un turno alla “carraia”,  all’alba un altro giro per la caserma e poi smontiamo.   Sono distrutto.

Ma mi aspetta un altro giorno di addestramento con il mortaio. Speriamo bene. Nella notte poi, mi ero fatto tradurre e spiegare da un sergente, cos’era quella scritta indecifrabile che avevo letto addietro: ”Quando el Leon de San Marco alsa la coa,tutti sbassa la soa!”.   Ma dimmi un po’ tu, se ce ne sono altri al mondo che hanno avuto un motto così categorico, così significativo, così fiero?   Alla prossima. San Marco!!!

 

   
        
. 

Tutti coloro che volessero contribuire con aneddoti e storie lagunari, sono pregati di contattarmi all'indirizzo alta_bg@yahoo.com

 
. 

 
  

      Clicca qui per tornare alla Home Page  Home Page

 Torna all'indice delle Storie di Lagunari

 
..     

Copyright © 2001-2018 - A.L.T.A. Associazione Lagunari Truppe Anfibie - Sezione di Bergamo